A partire dalla legge 381/91 (“Disciplina delle cooperative sociali”), recepita dalla Regione Piemonte con la L.R. 18/94, si sono diffuse in Italia le cooperative sociali di tipo B, un modello produttivo unico in Europa, che scommette sulla possibilità di inserirsi nel mercato facendo convivere le istanze dell’efficienza con quelle della solidarietà sociale. Le cooperative sociali di tipo B infatti devono assumere obbligatoriamente una quota di lavoratori appartenenti a fasce sociali svantaggiate (almeno il 30% dei lavoratori) per poter realizzare concretamente “l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini” per cui sono nate e poter di conseguenza usufruire dei benefici previsti dalla legge.
L’alleanza tra cooperazione di tipo B, servizi sociali e mondo del lavoro (pubblico e privato) ha consentito il rapido sviluppo di questo settore a livello nazionale e piemontese, a conferma della sostenibilità economica di un modello produttivo che riesce a far convivere lavoratori “normodotati” e “svantaggiati” adottando una cultura aziendale attenta sia alla produttività sia al percorso di autonomizzazione e crescita personale delle persone in difficoltà inserite.